La Biennale di Architettura 2025Venezia non sarà solo una mostra: sarà un organismo vivo. Carlo Ratti, architetto torinese e direttore del Senseable City Lab al Massachusetts Institute of Technology (MIT), ha appena annunciato il suo piano per la 19ª edizione della rassegna più prestigiosa al mondo: un laboratorio aperto, dove architettura, intelligenza artificiale e natura si fondono in tempo reale. È il primo italiano a guidare la Biennale dal 2000, da quando Massimiliano Fuksas curò "Less Aesthetics, More Ethics". E questa volta, non si tratta di un ritorno al passato — ma di un salto nel futuro.
Da visitatore a curatore: il viaggio di Ratti
Nel 2000, Ratti era uno studente che passeggiava tra i padiglioni di Venezia, affascinato ma distante. Oggi, è lui a decidere cosa mostrare, come mostrarlo e chi coinvolgere. "Ne sono molto contento e mi piace essere italiano", ha detto in un’intervista a Elle Decor. "Sono contento anche del fatto che in questa Biennale ci sia molta Italia e, soprattutto, molta Venezia." E non è retorica: la città non sarà solo il luogo della mostra, ma il suo vero soggetto. Il Venice Living Lab trasformerà calli, campielli e palazzi in sensori, laboratori e teatri di sperimentazione. Ogni angolo di Venezia diventerà parte dell’opera."Terrae Acquae": un tema che respira
Il titolo, Terrae Acquae, non è un semplice riferimento geografico. È un manifesto. La terra e l’acqua — elementi che definiscono Venezia da secoli — diventano metafore per l’equilibrio tra natura e tecnologia. Secondo un articolo di Alessandria Today del 9 maggio 2025, la mostra sarà "densa, vibrante, decisamente fuori dagli schemi". E lo è, perché Ratti ha rifiutato il modello tradizionale del singolo architetto protagonista. Al suo posto, ha creato gruppi ibridi: un progettista al centro, ma circondato da scienziati, cuochi, musicisti, artisti. Ogni team è un microcosmo di competenze, dove l’architettura non è più un prodotto finito, ma un processo collettivo.L’intelligenza artificiale non è un’appendice: è il cuore
Nel novembre 2024, Linkiesta aveva già intuito che l’intelligenza artificiale sarebbe stata al centro della rassegna. E ora è confermato. Ratti non la vede come un tool da usare, ma come un nuovo strato del "software" urbano. "La città di domani non sarà molto diversa da quella di oggi — ha spiegato — quello che cambia velocemente è la parte software: il modo di lavorare, di incontrarsi, di muoversi." E l’AI? È il nuovo linguaggio con cui le città imparano. Il Padiglione Italia, sempre intitolato Terrae Acquae, esplorerà come l’AI possa aiutare a prevedere l’innalzamento del livello del mare, ottimizzare il consumo energetico dei palazzi storici, o persino ricreare suoni perduti di Venezia attraverso algoritmi di apprendimento profondo. Non si tratta di robot che progettano: si tratta di umani che dialogano con macchine per ridisegnare il quotidiano.Perché l’Italia ha qualcosa di unico da dire
Ratti non nasconde il suo orgoglio nazionale. "L’Italia ha sempre fatto molto bene a integrare discipline diverse", ha detto. "Qui, l’architettura non è un’arte isolata: è cibo, musica, poesia, scienza." Ecco perché il suo modello funziona: perché è italiano. A differenza di altre Biennali che privilegiano il singolo genio, qui si celebra la rete. Un cuoco di Bologna collabora con un biologo marino di Trieste, che a sua volta lavora con un compositore di Napoli e un ingegnere del Politecnico di Milano. Ogni gruppo produce un’installazione che non si può catalogare: è architettura, ma anche performance, ricerca scientifica, esperienza sensoriale.Il clima non è un tema secondario: è il terreno su cui si costruisce
L’attenzione di Ratti alle sfide climatiche non è una moda. È una necessità. Ogni progetto presentato dovrà rispondere a una domanda: "Questo aiuta Venezia a sopravvivere?". Gli studi sulle barriere galleggianti, le coperture vegetali per i tetti storici, i materiali auto-riparanti — tutti saranno esposti con dati reali, non con ipotesi. "Non vogliamo visioni utopiche", ha chiarito. "Vogliamo soluzioni che funzionano già, che qualcuno ha messo in pratica, e che possiamo scalare." Il risultato? Una mostra che non parla solo agli architetti, ma ai sindaci, agli ingegneri, ai cittadini che ogni giorno camminano tra canali e ponti.Cosa succederà dopo il 23 novembre?
La Biennale non finirà quando chiuderà i cancelli. Ratti ha già avviato un archivio digitale aperto, accessibile a scuole, università e amministrazioni locali. Ogni progetto sarà documentato con codici aperti, modelli 3D e registrazioni audio. "Vogliamo che questa non sia una mostra da visitare, ma un patrimonio da usare", ha detto. E non è un caso che il CRA-Carlo Ratti Associati abbia già iniziato a collaborare con il Comune di Venezia per implementare alcuni dei prototipi esposti. La città, insomma, non si limiterà a ospitare l’arte: la assorbirà.Frequently Asked Questions
Perché Carlo Ratti è considerato un curatore rivoluzionario?
Perché ha sostituito il modello del singolo genio con una rete collaborativa tra discipline diverse: architettura, AI, cucina, musica. Non si tratta di oggetti da guardare, ma di processi da vivere. Ogni gruppo produce un’installazione dinamica, basata su dati reali e sperimentazioni in corso, trasformando la Biennale in un laboratorio aperto.
Come l’intelligenza artificiale sarà presente nella Biennale?
L’AI non sarà un gadget, ma un sistema di analisi e progettazione. Progetti mostreranno come gli algoritmi possono prevedere l’innalzamento del livello del mare, ottimizzare il consumo energetico dei palazzi storici o ricreare suoni ambientali scomparsi. Tutti i dati saranno raccolti in tempo reale da sensori installati in tutta Venezia, rendendo l’intera città un laboratorio vivente.
Perché il tema "Terrae Acquae" è così importante?
"Terrae Acquae" non è solo un riferimento geografico: è un’allegoria del rapporto tra natura e tecnologia. In un contesto come Venezia, minacciata dall’acqua e dall’erosione, questo tema diventa una guida per progettare soluzioni sostenibili. Ogni installazione dovrà dimostrare come l’architettura possa rispondere alle sfide climatiche senza cancellare l’identità storica della città.
Cosa cambierà per i visitatori rispetto alle edizioni passate?
Non si tratterà di osservare opere statiche, ma di interagire con sistemi in evoluzione. Alcune installazioni cambieranno forma in base al traffico pedonale, all’umidità o alle maree. Altre saranno aggiornate quotidianamente con dati raccolti da sensori in città. Il visitatore diventa co-autore: la sua presenza modifica l’esperienza.
Perché è significativo che un italiano guidi la Biennale dopo 25 anni?
Dopo Massimiliano Fuksas nel 2000, l’Italia ha perso spazio nella guida della rassegna. Ratti rappresenta un ritorno alla tradizione italiana di sintesi tra arte, scienza e vita quotidiana. La sua curatela non è elitaria: è inclusiva, pratica e radicata nel territorio. È un segnale che l’Italia può ancora guidare il dibattito globale sull’architettura, non con il lusso, ma con l’intelligenza collettiva.
Quali sono le prospettive future per il Venice Living Lab?
Il progetto non si esaurirà con la Biennale. Già in corso sono collaborazioni con il Comune di Venezia per implementare prototipi reali: sistemi di gestione dell’acqua, coperture vegetali intelligenti, percorsi pedonali adattivi. L’obiettivo è trasformare la Biennale da evento temporaneo in un modello replicabile per altre città costiere, da Napoli a Rotterdam.
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